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La discriminante

Dopo anni di attesa il governo macedone ha proposto una bozza di legge anti-discriminazione. Ma rispetto alle bozze circolate in precedenza salta ogni riferimento alle discriminazioni sull’orientamento sessuale. Il dibattito nel paese

15/04/2010, Risto Karajkov - Skopje

La-discriminante

Dopo anni di lunghi preparativi e accesi dibattiti, il governo macedone ha finalmente presentato una proposta di legge anti-discriminazione. Purtroppo, il testo redatto dal ministero del Lavoro è decisamente controverso. Dalla versione finale della bozza infatti è stato tolto qualsiasi riferimento a discriminazioni basate sull’orientamento sessuale, presenti invece nelle versioni circolate in precedenza. Tale decisione ha scatenato le ire di una parte della società civile e anche l’Unione europea non ha nascosto il proprio disappunto, lasciando intendere che ciò potrebbe rallentare l’ingresso della Macedonia nell’Ue.

“L’omosessualità è una malattia, che deve essere curata e non legalizzata.” Questa frase rappresenta il climax dell’accesissimo dibattito che ha accompagnato l’ultima fase di redazione della proposta di legge. Negli ultimi giorni di marzo, Jovan Ginev, parlamentare nelle file del partito di maggioranza della coalizione governativa VMRO-DPMNE e ginecologo, ha argomentato con questi toni nel corso di una seduta parlamentare in cui veniva discussa la bozza legislativa. Ginev ha sottolineato che la sua è l’opinione di un esperto in materia, chiarendo che l’omosessualità sarebbe conseguenza di traumi infantili e di un difetto cromosomico. Le sue parole sono state duramente condannate dai diplomatici dell’Unione Europea.

“Non posso che esprimere il mio enorme rammarico”, ha affermato Erwan Fouéré, ambasciatore Ue a Skopje, il giorno dopo il discorso del dottor Ginev in aula. “Questo dibattito dovrebbe svolgersi all’insegna della tolleranza, non della discriminazione e della bigotteria”, ha aggiunto Fouéré. Il vice-primo ministro macedone per l’Integrazione europea Vasko Naumovski, che era presente in aula quando Ginev ha tenuto il suo discorso, ha tentato di moderare i toni: “Per quanto ne so, l’omosessualità non è una malattia, ma preferisco lasciare la parola ai medici”, ha affermato.

Quando a fine gennaio il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Xhelal Bajrami ha presentato la versione finale della bozza priva dei riferimenti all’orientamento sessuale come causa di discriminazione, molti hanno pensato che ci fosse stato un errore. I riferimenti alle preferenze sessuali erano sempre stati presenti nelle versioni precedenti della bozza, che si erano succedute nel corso degli anni. Le versioni precedenti erano state revisionate e approvate in via informale da organismi internazionali, come la Commissione di Venezia e diverse istituzioni europee. Inoltre, l’approvazione della legge rappresentava uno dei requisiti richiesti alla Macedonia per la liberalizzazione del regime dei visti, e le versioni precedenti della bozza avevano costituito uno dei banchi di prova principali per il paese.

L’ultima bozza è stata accolta dall’amarezza e dalla delusione dei gruppi di cittadini che avevano contribuito alla lunga stesura del testo di legge che, insieme all’Ue, hanno immediatamente richiesto un’ulteriore revisione della bozza. I diplomatici stranieri e i membri del Parlamento europeo hanno presenziato alla lettura della bozza in febbraio, chiedendo che le preferenze sessuali tornassero a diventare parte integrante del testo di legge. L’ambasciatrice olandese a Skopje Simone Filippini e la parlamentare europea Ulrike Lunacek hanno ribattuto in maniera estremamente convincente alle affermazioni dei rappresentanti del VMRO, i quali hanno affermato, tra l’altro, che inserire le preferenze sessuali nel testo di legge in qualità di causa di discriminazione avrebbe rappresentato il primo passo verso la legalizzazione dei matrimoni gay e l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, e addirittura che anche le leggi vigenti in altri stati membri dell’Unione non fanno riferimento esplicito all’identità sessuale come causa di discriminazione. “Questa non è una legge sul matrimonio gay” ha ribattuto l’ambasciatrice olandese ai parlamentari macedoni. L’onorevole Lunacek, parlamentare europea, ha risposto all’onorevole Vlatko Gjorcev, rappresentante del VMRO e strenuo oppositore dei riferimenti all’orientamento sessuale, che le sue affermazioni circa l’assenza di riferimenti alle preferenze sessuali nella legislazione di altri paesi UE era totalmente falsa.

Un paio di giorni dopo l’ambasciatore Ue Fouéré ha lanciato un chiaro segnale di avvertimento affermando che quanto avvenuto in occasione dell’emissione della bozza di legge sulla discriminazione avrebbe potuto incidere in maniera rilevante sulla valutazione dei progressi ottenuti dalla Macedonia nel processo di integrazione europea. Il diplomatico si è inoltre auspicato che la bozza venisse ulteriormente rivista e ha ricordato alle autorità macedoni che un robusto corpus legislativo anti-discriminazione è una delle condizioni d’accesso all’Unione.

In seguito a questa controversia, il governo ha ritirato la proposta di legge, affermando che avrebbe preso in considerazione le raccomandazioni espresse nel corso del dibattito pubblico. Una nuova versione della bozza è stata presentata in marzo; tuttavia, come ci si aspettava, la nuova bozza non ha apportato alcun sostanziale miglioramento rispetto all’oggetto della controversia.

L’opposizione ha definito l’intervento del governo “un alibi da quattro soldi”. Allo stesso tempo, il gruppo d’opposizione parlamentare ha proposto una propria bozza di legge, che include chiari riferimenti all’orientamento sessuale, bocciata, come prevedibile, dalla maggioranza. Il governo rimane fermo sulle proprie posizioni a riguardo e, a meno che qualcosa non cambi all’ultimo momento, sarà la bozza proposta dalla maggioranza ad essere presto adottata dal parlamento, sempre che il governo non decida di rimandarne l’approvazione a causa della pressione esercitata dall’Ue.

Il governo capitanato dal partito di destra VMRO e dal suo alleato albanese, l’Unione Democratica per l’Integrazione Europea (DUI) è ora sottoposto a forti pressioni ed è chiaro che nel caso non venisse modificata la proposta di legge il prossimo rapporto UE su Skopje non sarà certamente tenero in merito all’intera vicenda. D’altra parte, il governo ha dato prova di essere ben fermo sulle sue posizioni conservatrici in diverse occasioni, anche quando il dibattito pubblico verteva su temi culturali molto meno controversi rispetto a questo. Una possibile soluzione è quella di rimandare l’approvazione del testo di legge, ma le istituzioni europee non sembrano favorevoli neppure a quest’ultima soluzione.

Sono almeno due gli aspetti della vicenda che meritano un approfondimento. Il primo è che i riferimenti all’orientamento sessuale sono già presenti in altri testi di legge, come la legge sul lavoro. Perché allora il governo si intestardisce così tanto su questa legge quando il problema è già stato riconosciuto in altri testi normativi? E perché gli altri testi di legge non vengono modificati in base a quelle che sono le convinzioni della maggioranza? E come mai ai tempi della promulgazione delle altre leggi non c’è stato un dibattito simile? Purtroppo, sembra che la risposta risieda nell’incapacità di formulare politiche coerenti. Probabilmente nessuno ha letto davvero con attenzione gli altri testi di legge all’epoca della loro promulgazione.

L’altro aspetto riguarda la posizione assunta dai cittadini comuni rispetto alla questione. Non sono stati effettuati sondaggi né inchieste per sondare l’opinione pubblica in merito alla questione; tuttavia, non è difficile prevedere che nelle aree rurali dell’entroterra macedone (metà della popolazione macedone ha soltanto la licenza elementare o addirittura un grado d’istruzione inferiore) pochi sarebbero d’accordo con i pochi gruppi civici liberali di Skopje. Inoltre, il problema principale è che il grande pubblico non è stato minimamente chiamato ad esprimersi in merito alla questione dell’orientamento sessuale. Forse chiedere ai cittadini la loro opinione sarebbe stato un bel passo avanti in direzione di un genuino dibattito democratico, che avrebbe probabilmente contribuito alla sensibilizzazione in materia del grande pubblico, all’emancipazione culturale e alla promozione di una cultura della tolleranza.

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