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La comunità internazionale in Bosnia: tutti i nostri sbagli

12/05/2001, Redazione -

Sono passati più di 5 anni dalla firma degli accordi di Dayton, che al tempo vennero considerati il programma di salvezza per la Bosnia Erzegovina. In realtà, il piano ideato dalla comunità internazionale cominciò ad essere criticato fin dai primi giorni e lo è tutt’oggi. Ultimamente in Bosnia si sta valutando tutto ciò che i Grandi (non) sono riusciti a risolvere. Rispetto alla considerazione di quanto fatto dalla Comunità nternazionale in Bosnia, molto è cambiato dopo gli ultimi incidenti di Mostar.

Non si può dimenticare quanto è accaduto l’8 aprile scorso, quando alcuni collaboratori dell’ufficio dell’Alto Rappresentante in Bosnia (OHR), accompagnati dai carabinieri italiani, vennero picchiati e umiliati da estremisti croati davanti alla famosa "Hercegovacka Banka".

Ma per quale motivo l`operazione nei confronti della banca erzegovese non è riuscita?

Nessuno vuole ammettere il proprio senso di vergogna, ma pare (da fonte anonima) che tutto sia accaduto per un banale errore di coordinamento. Il contingente Sfor francese interpretò male il codice dell’operazione che indicava un’operazione di primo grado (ad alto livello di rischio) scambiandola con un codice simile a quella di un’operazione di terzo grado (livello medio-basso). Così i soldati della Forza Internazionale decisero di non utilizzare tutti i mezzi di difesa necessari, e vennero sopraffatti facilmente dalla folla.

Sembra che l’azione degli estremisti croati abbia rappresentato per la comunità internazionale in Bosnia una vera lezione, attraverso la quale oggi capisca con chi ha veramente a che fare. Al contempo questo fallimento di Mostar è servito come pretesto ad alcuni cronisti per stilare una lista di tutti gli errori commessi dagli internazionali nel periodo post-Dayton. Va detto che in questi cinque anni non si è riusciti a garantire il funzionamento delle istituzioni bosniache e allo stesso tempo, pur spendendo centinaia di migliaia di dollari, l’intervento esterno non è risultato efficace.

E’ vero che i soldati dello SFOR alla fine sono riusciti ad entrare nell’Hercegovacka Banka e ad aprirne la cassaforte usando la dinamite; ma forse la vera impresa sarebbe stata quella di arrestare Ante Jelavic (il leader nazionalista croato, tra i princiali fomentatori dei disordini). E da sempre la comunita’ internazionale si è mostrata poco efficace nel giudicare i politici bosniaci: "gli internazionali hanno cercato a lungo di proteggere Biljana Plavsic e successivamente Milorad Dodik" dice Chris Benet, capo del International Crisis Group, "mentre nel frattempo non sono stati affrontati i veri problemi della Republika Srpska".

Si ricordi che alla fine del 1999 la stessa signora Plavsic venne invitata a Parigi dal presidente Chirac, in un periodo in cui già si parlava del suo possibile "viaggio" a L’Aja. Già altre volte la diplomazia francese in Bosnia si era dimostrata incauta, come quando la sua diplomatica Froment Maurice dichiarò: "La Bosnia Erzegovina non è un vero stato, e prima o poi la Republika Srpska si unirà alla Jugoslavia. In Francia questo lo chiamiamo diritto all’autodeterminazione".

Non solo: ci è voluto molto tempo per l’arresto di Momcilo Krajisnik. La causa contro di lui era pronta già nel 1996, ma i politici internazionali ordinarono di lasciarlo tranquillo, perchè la sua figura veniva considerata molto importante per il mantenimento della pace nel paese. Simile e` la vicenda di Biljana Plavsic: nel 1998 Gabrielle Krick Mcdonalds, allora Presidente del Tribunale Internazionale a L’Aja, dichiaro` che "il tribunale non potrà dimenticare il ruolo della signora Plavsic nel genocidio". Essendo però considerata una fautrice del cambiamento democratico in Repubblica serba di Bosnia, la Plavsic risulta citata nei processi solo per i baci scambiati con il comandante Arkan a Bijeljina nel 1992. Anche nel suo caso la causa era pronta già da tempo, ma venne resa pubblica solo quando si considerò la vecchia professoressa non più politicamente utile.

Per quanto riguarda la componente croata in Bosnia, si è parlato molto di Jadranko Prlic, ex Ministro degli esteri del governo federale.

Prlic, rispetto alla Plavsic, non si è lasciato mettere politicamente da parte e continua ad occuparsi di politica. E difatti i politici internazionali, non trovando un altro leader croato con le sue stesse
capacità, continuano a collaborare con lui. Una volta, ad una richiesta di spiegazioni in merito posta dal sottoscritto al signor Stocker – allora capo della Croce Rossa in BiH – la risposta fu: "Noi sappiamo che Prlic è responsabile dell’esistenza dei campi di concentramento in Erzegovina, ma nel lavoro con noi è molto valido".

E da allora pare non sia cambiato nulla: lavorare bene per la comunità internazionale significa anche poter rimanere impunito e non doversi assumere la responsabilità delle proprie azioni passate? Chi lo sa, comunque si dice che la causa contro Prlic sia rimasta in sospeso. "Prlic è stato il cervello della Herceg-Bosna, ma non è ancora giunta l’ora del suo arresto" dice una fonte de L’Aja per il settimanale Slobodna Bosna (26.04.2001).

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