La Bosnia ed Erzegovina da Dayton a Bruxelles. Dove e perché ci siamo fermati?
Proseguiamo la pubblicazione degli articoli preparatori alla conferenza di Ginevra prevista per il prossimo ottobre e organizzata dall’Associazione BiH 2005. In questo testo l’autore intende fare il punto della situazione della Bosnia Erzegovina lungo il faticoso cammino verso Bruxelles
Di Vedran Džihić, membro dell’Associazione BiH 2005
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Ivana Telebak
Sr-Hr-Bos:
Il tempo che precede il decimo anniversario dell’Accordo di Dayton è il momento del bilancio, della valutazione di ciò che è stato fatto e di ciò che è stato tralasciato negli ultimi dieci anni. Inoltre in Bosnia ed Erzegovina, ed anche all’estero, esiste una strana dialettica fra il pessimismo e l’ottimismo, o se vogliamo, fra critiche esagerate da una parte ed un’esagerata euforia positiva dall’altra. Se dovessimo adottare i consueti discorsi di capodanno e il modo di rivolgersi all’opinione pubblica locale ed estera da parte dei politici in Bosnia come una sorte di sismografo dei cambiamenti sociali e delle tendenze, allora la Bosnia ed Erzegovina ogni anno che passa si trova di fronte alla "decisione dell’anno" e alle "riforme decisive", e ultimamente sempre di più di fronte all’"anno dei passi decisivi sulla strada verso l’UE". Noi, realisticamente, siamo però ancora lontani dall’Europa. Se uno dovesse credere all’ottimismo dei partiti al potere e dei rappresentanti di governo, potrebbe pensare che alla Bosnia ed Erzegovina manchi veramente poco per entrare in Europa, come se si trattasse di alcuni dettagli tecnici sulla strada verso l’Unione europea. Alla Bosnia ed Erzegovina non servono illusioni, a noi serve realismo.
A che punto siamo nel decimo anno dopo Dayton? Quanto siamo lontani da Bruxelles?
Iniziamo da Dayton come punto di partenza dell’odissea verso Bruxelles. Dayton ha fatto cessare la guerra, ma non ha creato una cornice adeguata per uno stato sostenibile e con ciò per un’integrazione della Bosnia ed Erzegovina nell’UE. Ha creato un Paese diviso e soltanto l’illusione di uno stato con una struttura democratica interna, che in verità è solo apparenza – la definizione etnica dei cittadini e la dominazione dei principi etnici in tutte le strutture statali continuano infatti a rappresentare un freno allo sviluppo della Bosnia ed Erzegovina verso uno stato moderno e democratico. Allo stesso tempo, ci rendiamo troppo poco conto che le riforme e la strada verso l’Europa non significano la perdita dell’identità nazionale di un popolo, ma significano un passo importante dall’esclusivismo etnico verso un principio civile, inclusivo e liberale, verso una "identità bosniaca" comune, necessario per poter realizzare gli scopi comuni e la "auto responsabilità" civile. Uno dei principali problemi in questo contesto è l’assenza di una comune visione statale, e con ciò anche di una visione europea dei cittadini bosniaco-erzegovesi, e dei loro rappresentanti politici, per i quali sono più importanti i particolari interessi economici e nazionali degli interessi dei cittadini. Un’amministrazione pubblica non funzionale, non efficace ed economicamente non sostenibile – con innumerevoli presidenti, ministri ed i loro vice a livello delle comuni istituzioni statali, entità, cantoni e del distretto di Brcko, quali conseguenze di Dayton – aiuta anch’essa a rallentare lo sviluppo della Bosnia ed Erzegovina verso uno stato normale, democratico, con un profilo europeo. La disarmante situazione economica e sociale in Bosnia ed Erzegovina, l’alta soglia di disoccupazione, l’alto numero di poveri, la diffusione delle strutture criminali e della corruzione, la spiccata apatia nei giovani e il desiderio di abbandonare il Paese che corrisponde a lunghe file davanti alle ambasciate dei paesi occidentali – tutto ciò fa parte della realtà bosniaco erzegovese, ed è pure uno dei motivi del perché non si riesce a fare qualcosa di più per oltrepassare questa situazione.
Tutti converranno che la Bosnia ed Erzegovina deve fare un passo decisivo da Dayton verso Bruxelles. Dopo la fase della ricostruzione e della stabilizzazione della pace subito dopo la guerra, la Bosnia ed Erzegovina si trova pur sempre nella fase di trasformazione dal protettorato fondato sui poteri di Bonn, dunque in quella fase che coincide e nello stesso tempo rallenta la fase del processo d’integrazione europea. Il passo decisivo da Dayton a Bruxelles non è stato ancora fatto, la Bosnia ed Erzegovina è ancora più simile a quella di Dayton che non a quella europea, e più particolare e nazionale anziché comune e civile. E il tempo passa…
La lista dei problemi nel contesto dell’avviato processo d’integrazione nell’UE è lunga. La velocità non è soddisfacente, sono passati più di due anni dalla pubblicazione dello Studio di fattibilità e la Bosnia ed Erzegovina non ha ancora avuto il via libera da Bruxelles per iniziare le trattative sulla stabilizzazione e associazione della BiH all’Unione. Durante l’implementazione delle raccomandazioni sui 16 ambiti dello Studio di fattibilità, che aveva previsto 45 nuove leggi e la formazione di 25 nuove istituzioni, è stato realizzato un certo avanzamento, ma per fare ciò le autorità bosniaco-erzegovesi hanno impiegato più di due anni. Al contempo la gran parte dei "successi" dei governi locali e dei partiti al potere sono il diretto risultato dell’intervento della comunità internazionale e dell’alto rappresentante, mediante l’imposizione di riforme che non corrispondevano al desiderio politico dei governi locali e dei partiti al potere. Contemporaneamente la dinamica dei cambiamenti delle leggi approvate e ancora catastrofica. Mancano ancora capacità istituzionali sviluppate e risorse umane per l’implementazione delle leggi approvate, mancano anche i mezzi finanziari. La comunicazione e la cooperazione fra alcune istituzioni è scarsa. Manca una lobby efficace del potere bosniaco-erzegovese sulla scena internazionale, mancano alla popolazione le informazioni generali sull’UE e sugli sforzi e i passi necessari per un’integrazione della Bosnia ed Erzegovina nell’UE.
Il raggiungimento dei criteri europei non sarà semplice e non sarà così veloce, ma lungo la strada per l’UE non ci sono scorciatoie, e non ci saranno nemmeno per la Bosnia ed Erzegovina. L’ottimismo manifesto dei politici al potere non è sufficiente per compiere un reale passo avanti. Alcune forze politiche sostengono apertamente le integrazioni europee, ma non le riforme che faranno diventare funzionale lo stato. Allo stesso tempo neanche l’opposizione offre delle vere e fondate alternative per i problemi attuali. E nemmeno i cittadini della Bosnia ed Erzegovina sono sufficientemente informati su cosa significa l’UE, cosa li attende sulla strada verso l’Unione e cosa l’UE realmente gli potrà offrire. La maggior parte dei cittadini desidera entrare nell’UE per poter viaggiare più facilmente e senza seccature in Europa senza i visti, per poter studiare e lavorare nelle metropoli europee. Questi desideri per un po’ di tempo rimarranno meri desideri privi di reali fondamenti.
L’Unione europea ha offerto alla Bosnia ed Erzegovina e ad altri paesi dei cosiddetti "Balcani occidentali" una prospettiva di integrazione, ha approvato lo Studio di fattibilità ed ha assunto la componente di polizia e militare in Bosnia ed Erzegovina. La delegazione della Commissione europea in Bosnia è molto attiva in molte regioni, l’alto rappresentante da poco è anche l’alto rappresentante dell’Unione europea. Recentemente la Commissione europea ha spostato le competenze per la Bosnia ed Erzegovina dalla Direzione per gli affari esteri alla Direzione per l’allargamento e con ciò ha inviato un chiaro segnale che per lei la Bosnia ed Erzegovina è importante. Contemporaneamente l’Unione europea è occupata con i propri problemi interni, che noi nella nostra realtà auto referenziale facilmente dimentichiamo. Dopo l’ultimo allargamento dell’Unione a dieci nuovi membri, l’UE si trova nel dilemma fra l’allargamento dell’UE e l’approfondimento del livello di integrazione interno all’UE, ci sono discussioni riguardo la nuova Costituzione, si segna un aumento dello scetticismo europeo degli attuali membri dell’UE. Perciò la velocità d’integrazione nell’UE dipenderà, prima di tutto, dalla Bosnia ed Erzegovina, dal suo governo e dai cittadini. E all’Europa spetta di offrire alla Bosnia ed Erzegovina una vera partnership e, forse, di fare anche un passo più coraggioso e decisivo sia verso questo Paese, che verso i suoi cittadini perché a causa delle mancanze degli anni 90 ha una grande responsabilità. E’ necessario un grado più alto di flessibilità delle iniziative europee e dei concetti politici, una strategia chiara e consistente dell’UE e l’adeguamento degli strumenti esistenti per un’integrazione che abbia le caratteristiche locali; dunque un sostegno pieno e concreto – e non solo dichiarato – allo sviluppo delle capacità locali. Ciò potrebbe accadere diciamo sotto forma di una specie di "appartenenza junior" all’UE o sotto forma di facilitazioni speciali per la Bosnia ed Erzegovina per giungere a determinate strutture e ai fondi di coesione dell’UE.
A tale riguardo non dobbiamo dimenticare il contesto regionale. Anche esso ci suggerisce che il tempo sta passando: nel 2005 e nel 2006 la questione dell’unione statale fra la Serbia e il Montenegro e la questione dello status del Kosovo saranno al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. Ciò significa che la Bosnia ed Erzegovina dovrà occuparsi di sé ancora più seriamente, dovrà prendere l’iniziativa nelle sue mani. Senza la "auto responsabilità" dei suoi cittadini e una reale consapevolezza sull’Europa e la strada che porta ad essa, non ci sarà neanche una efficace pressione sull’élite politica, al fine di cambiare gli schemi del loro comportamento. E in assenza di élite politiche di esperti, di impiegati statali e di determinate istituzioni che siano nuove, capaci, e orientate in modo professionale ed europeo, aspetteremo a lungo finché l’"Europa" arrivi anche da noi. Il giorno stesso dell’accoglienza nell’UE, in Bosnia non cambierà quasi nulla, i veri cambiamenti devono accadere prima, nel processo delle riforme, degli adattamenti alle regole e alle consuetudini dell’UE. Anche per tali cambiamenti sono necessari nuovi quadri, forze riformiste non ancora impiegate.
Il decimo anniversario dell’Accordo di Dayton rappresenta la possibilità di valutare i risultati e di mobilitare di nuovo le forze pronte per le riforme, con idee coraggiose e realizzabili e con una visione europea per la Bosnia ed Erzegovina. Senza alcun dubbio Dayton impedisce lo sviluppo della Bosnia ed Erzegovina, e allo stesso tempo solo con molte difficoltà potranno esserci dei cambiamenti senza un consenso interno fra i popoli e i cittadini bosniaco-erzegovesi. Questo dilemma accompagnerà la Bosnia ed Erzegovina nel periodo che seguirà il suo avvicinamento all’UE. Un giorno arriveranno dei cambiamenti costituzionali, sono inevitabili, ma molto probabilmente non assumeranno la forma di un nuovo Dayton e non saranno il risultato di un diktat politico o del diktat della comunità internazionale. Nel migliore dei casi le riforme dovrebbero essere il risultato del rapporto auto responsabile di tutti i cittadini della Bosnia ed Erzegovina verso il proprio Paese e il suo futuro e risultare da un accordo interno.
Il processo di transizione, di democratizzazione e il viaggio della BiH verso l’Unione europea è faticoso, richiede molto tempo, pazienza, sacrifici, forza e lavoro continuo – ma esso è necessario e non esiste una reale alternativa. L’integrazione europea non risolverà tutti i problemi della Bosnia ed Erzegovina, ma offrirà un quadro migliore e più stabile per una sua soluzione graduale. Oltre alla visione europea è necessario un piano concreto e applicabile per un viaggio veloce della BiH verso l’UE: sono necessarie delle riforme pragmatiche passo dopo passo, ed i passi devono essere veramente ampi e veloci. L’Associazione BiH 2005 nel suo rapporto coi partner unisce persone giovani e progressiste della BiH, della diaspora e dei circoli internazionali. In BiH è giunto il momento di una nuova fase: 10 anni dopo Dayton, la conferenza di Ginevra, e prima di tutto la gente e cittadini che vi prenderanno parte, hanno la potenzialità per creare una massa critica, in BiH e all’estero, necessaria per i veri cambiamenti. L’Associazione desidera rimanere una delle forme di lavoro e di lotta anche dopo la conferenza di Ginevra, sulla strada da Dayton a Bruxelles, verso una Bosnia ed Erzegovina europea.
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