L’Olympic come l’Alitalia
Era la creatura prediletta di Onassis: l’Olympic airways, compagnia di stato greca. Coperta dai debiti non si è ripresa neppure dopo ingenti iniezioni di danaro pubblico. Ora l’ultimatum di Bruxelles: o la vendita ai privati o la chiusura
Onassis si starà rivoltando nella tomba. Il fantasma dell’armatore greco, mattatore del jet set morto nel 1975 dopo avere costruito dal nulla un impero miliardario ed essere stato l’amante di Maria Callas e il secondo marito di Jackie Kennedy, si aggira nei cieli ellenici più che mai. Che fine farà l’Olympic airways, la sua creatura prediletta, ora ridotta a un carrozzone in crisi che si fatica a vendere? Era stato proprio lui a fondarla nel 1957, per poi cederla nel 1974 per 68 milioni di dollari allo Stato che ne fece la compagnia di bandiera ellenica, quando ormai per il vecchio Arì la parola "aeroplano" si era trasformata in incubo senza fine: la morte in un incidente aereo dell’unico figlio maschio Alexandros il 23 gennaio 1973.
Da allora, l’Olympic statalizzata non ha cessato di accumulare perdite e conseguenti iniezioni di danaro pubblico, per un totale di 2,7 miliardi di euro. Anche per l’abitudine di tutti i governi, conservatori o socialisti succedutisi in 34 anni, di gonfiare l’organico a scopi clientelari. Un posto all’Olympic non si negava a nessuno: fino ad arrivare agli 8100 dipendenti attuali. Già nel 1998, nel 2000 e nel 2003, sotto la pressione della Commissione europea, erano stati stilati piani di "salvataggio" dai risultati insoddisfacenti. Tanto per dire, nelle casse della compagnia dai bilanci in caduta libera i contribuenti greci hanno versato, solo nel periodo fra il 2005 e il 2007, 850 milioni di euro. Ma adesso, dopo l’ultimatum di Bruxelles, è scoccata l’ora x: o si vende ai privati o si chiude. E almeno quegli 850 milioni di euro vanno restituiti allo Stato."L’Olympic è la compagnia aerea pubblica con i conti più in rosso di tutta Europa, in relazione alle sue dimensioni" ha dichiarato il ministro dei Trasporti ellenico Costis Hatzidakis "La sua privatizzazione significherà per i contribuenti, e soprattutto per gli strati più poveri, smettere di pagare per un barile senza fondo". Un barile che, insieme alle altrettanto deficitarie ferrovie nazionali, inghiotte 2,7 milioni di euro al giorno, secondo il primo ministro conservatore Kostantinos Karamanlis.
Privatizzare sì, ma chi compra? Onassis non è più in circolazione, e dall’asta indetta lo scorso autunno con scadenza il 30 gennaio 2009 si sono ritirati uno dopo l’altro i big dell’aviazione mondiale che avevano mostrato interesse prima della grande crisi globale: Qatar airlines e Iberia in prima linea. L’unico rimasto in lizza, la Chrysler Aviation del greco-americano Stelios Rapis, ha avanzato un’offerta talmente bassa da essere respinta. Il governo greco ha allora lanciato un appello agli epigoni di Arì Onassis, gli imprenditori greci, per salvare l’orgoglio nazionale.
L’Olympic è un simbolo, e per settori come il turismo ellenico in crisi è cruciale. Per non parlare dei posti di lavoro a rischio: sia fra i dipendenti della compagnia che nell’indotto.
All’sos del Comitato interministeriale per la privatizzazione ha risposto il 5 febbraio il Marfin Investment Group (MIG), che a dispetto del nome inglese è guidata dal finanziere greco Andreas Vghenopulos e si definisce, nel proprio website, "il più grande gruppo business ellenico di tutta l’Europa sudorientale, con 50mila impiegati e una presenza in 40 Paesi. Il nostro quartiere generale è in Grecia, siamo quotati alla Borsa di Atene". Da notare che, se il 58 per cento del suo capitale è nazionale, il 24 per cento è detenuto da investitori esteri, con il Dubai Group al 18 per cento. "Alla luce della crisi economica che colpisce particolarmente il nostro Paese" – recita il patriottico comunicato del MIG – "abbiamo deciso di rispondere favorevolmente all’invito del governo. Siamo pronti a diretti negoziati con lo Stato in modo che l’Olympic continui a operare in mano a imprenditori greci. Se le trattative arriveranno a buon fine, intendiamo offrire al governo l’opzione di ri-nazionalizzare Olympic in qualsiasi momento fino ai tre mesi successivi alle prossime elezioni politiche".
Sì, perché nella terra degli dei si andrà al voto anticipato probabilmente in giugno, dopo le ultime elezioni del settembre 2007. L’esecutivo del premier conservatore Kostantino Karamanlis – nella bufera dopo una serie di scandali sfociati nella rivolta di piazza dello scorso dicembre, in seguito l’uccisione del 15enne Alexandros Grigoropulos da parte di un poliziotto – traballa con una maggioranza di soli 151 deputati su 300. E il Paese è nella lista nera fra quelli messi sotto stretta sorveglianza dalla Unione europea per il deficit economico.
L’operazione MIG, insomma, ha tutta l’aria di un salvataggio elettorale, simile alla vicenda dell’Alitalia acquistata dalla cordata "italiana doc" CAI in coincidenza con le ultime elezioni politiche italiane. Con l’aggiunta che per l’Olympic in cerca di un compratore il "salvataggio" non solo non è ancora decollato, ma l’esito è ancora tutto da vedere. Intanto, per scongiurare che un eventuale cambio della guardia politica in caso di vittoria dei socialisti del Pasok, ora all’opposizione, vanifichi tutto, giovedì 12 febbraio MIG Group ha posto due condizioni per sedersi al tavolo delle trattative.
La prima: il contratto dovrà avere un ok bipartisan del Parlamento, tanto è vero che Vghenopulos è andato a illustrare al leader socialista George Papandreu i propri progetti su Olympic.
La seconda: dovrà esserci anche il consenso dei dipendenti della compagnia aerea.
Infine Vghenopulos ha messo sul piatto un’offerta concreta: 62,4 milioni di euro.
Secondo l’ultimo piano già approvato a metà settembre dall’Ue l’Olympic è stata divisa in tre rami: una compagnia aerea che, pur mantenendo il logo e il marchio di Olympic Airways, non potrà superare il 65% di quanto è oggi Olympic (è a questa parte "aerea" che MIG è interessata), e due altre società che si occuperanno rispettivamente dell’assistenza agli scali e della manutenzione. Limitatamente alle società "terrestri" è arrivata in extremis, dopo Mig, un’altra offerta: 44,8 milioni di euro da parte della compagnia Swissport. "La Grecia può diventare il più grande hub dell’Europa sudorientale, una piattaforma proiettata anche verso il Medio Oriente" ha ribadito il ministro per lo Sviluppo Kostas Hatsidakis.
Resta il nodo più difficile da sciogliere: che fine faranno gli 8100 dipendenti, che da mesi organizzano, periodicamente, sit in di protesta davanti al Parlamento o bloccano il viale d’accesso all’aeroporto internazionale di Atene? "Saranno tutelati" ha assicurato il governo. Nella prima bozza, quando l’asta sembrava andare a gonfie vele per l’interesse di grosse compagnie internazionali, è stato offerto loro il trasferimento in un altro settore dell’impiego pubblico o, a ben 4593 fra piloti, assistenti di volo o impiegati a terra, il pensionamento anticipato. Da notare che di questi 4593 solo 2745 hanno già maturato l’età e i contributi per il prepensionamento volontario. Gli altri avrebbero dovuto essere incentivati con una buonuscita che riguardava anche chi ha solo 40-45 anni. Per esempio: secondo i conteggi riportati dal quotidiano "To Vima", un autista di autobus aeroportuale assunto nel 1985, potrà andarsene con una pensione di 2250 euro. Non solo. Tutti i dipendenti assunti prima del 1993, sia che accettino un’altra collocazione sia che se ne vadano, avranno diritto a una generosa liquidazione: una hostess assunta nel 1985 con l’attuale stipendio di 4594 euro, incasserà 101.800 euro. Lo stato, insomma, si preparava a sganciare 1 miliardo e 200 milioni di euro per chiudere l’Olympic e avere la pace sociale. Ora i conti potrebbero essere tutti da rifare. "Ci vorrebbe un altro Onassis" si sente dire ad Atene. L’epigono Vghenopulos sarà all’altezza?
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