L’inquinamento del Kombinat di Podgorica
Il noto complesso industriale produttore di alluminio, recente acquisizione della compagnia russa Rusal, rappresenta una delle maggiori fonti d’inquinamento del Montenegro
Il complesso industriale di produzione dell’alluminio di Podgorica (KAP), che da solo rappresenta quasi la metà dell’economia montenegrina è stato privatizzato l’anno scorso. Il nuovo proprietario è l’azienda Salamon, filiale off shore della compagnia russa Rusal, uno dei più grandi produttori d’alluminio del mondo.
Nella gara d’appalto la Salamon aveva offerto più di tutti per il risanamento del debito del KAP, cioè circa 100 milioni di euro, mentre per gli investimenti riguardanti il kombinat di Podgorica soltanto 55 milioni, nonostante il fatto che secondo alcune valutazioni, per la sola protezione dell’ambiente bisognerebbe investire dai 50 ai 100 milioni di euro.
I bassi investimenti previsti dalla Salamon potrebbero indicare che questa azienda non ha una strategia di lungo termine per lo sviluppo del KAP.
Gli scopi dichiarati della privatizzazione del KAP sono stati la modernizzazione dell’azienda e la protezione dell’ambiente, visto che il KAP rappresenta pure la maggior fonte d’inquinamento del Montenegro. E in quanto Stato ecologico il suo interesse strategico è incentrato sullo sviluppo sostenibile, necessario per poter continuare sulla strada del turismo di qualità, principale orientamento dell’economia montenegrina.
Il problema dell’inquinamento causato dal KAP è emerso di nuovo recentemente. Nei giorni scorsi gli abitanti di Zeta, la piana dove si trova il KAP, hanno iniziato a sentire degli odori sgradevoli, forti mal di testa, nausea e capogiri. Subito dopo è arrivata la spiegazione ufficiale del Centro per le ricerche eco-tossicologiche (CETI), secondo il quale si tratterebbe di perdite di idrogeno solfuro all’interno del KAP.
Secondo quanto riporta il settimanale montenegrino "Monitor" (23 giugno) la capo ispettrice per l’ecologia, Vesna Zarubica, ha annunciato una pena contro il KAP per non "aver rispettato la decisione della Commissione repubblicana per l’ecologia riguardante il coinvolgimento di un istituto più esperto per il monitoraggio dell’ambiente" ed ha anche promesso che il KAP riceverà presto un ordine, mediante decreto, secondo il quale dovrà riparare il prima possibile il serbatoio di sodio solfuro che ha provocato l’ultimo inquinamento.
La direttrice del CETI, Ana Misurovic, ha dichiarato che la concentrazione di idrogeno solfuro era elevata soltanto nei 2 luoghi in cui gli esperti del CETI hanno eseguito i controlli necessari. E secondo la Misurovic, questo non rappresenta un pericolo per la salute.
Dall’altra parte, il rappresentante della ONG Gruppo per i cambiamenti (GZP), Aleksandar Raznatovic, accusa il management del CETI di aver ingannato l’opinione pubblica.
Raznatovic dubita dei dati resi noti dal CETI ed ha chiesto che venga resa pubblica l’intera ricerca sull’inquinamento provocato dal KAP nella piana di Zeta, perché l’idrogeno solfuro è una sostanza molto più tossica di quanto la ritiene il CETI.
Raznatovic ha anche dichiarato che "la sua tossicità fa parte della categoria cyanide ed è 4 volte più tossico del monossido di carbonio e a causa della densità specifica tende a depositarsi", aggiungendo che piccole concentrazioni di idrogeno solfuro agiscono sul sistema cerebrale provocando il soffocamento e il blocco del sistema respiratorio, mentre concentrazioni maggiori possono provocare la morte. Inoltre Raznatovic pensa che la modifica introdotta nel processo di produzione dell’alluminio possa aver provocato il recente inquinamento.
Il nuovo proprietario, la Salamon, nega che ci sia stato alcun cambiamento nel processo di produzione, spiegando che sia le materie prime che le risorse naturali e la tecnologia impiegata non sono cambiati dopo la privatizzazione. Il direttore esecutivo del KAP, Adolf Zalcman, dice che "il problema di protezione dell’ambiente non può essere risolto in un giorno solo, soprattutto se si tiene presente che negli anni precedenti nulla è stato fatto riguardo la protezione ambientale."
Il ministero per la Protezione ambientale ha affermato che i nuovi proprietari del KAP hanno consegnato un programma dettagliato sulla protezione ambientale, obbligo previsto con la privatizzazione, secondo il quale dovrebbero spendere 20 milioni di euro nella sua realizzazione entro il 2008.
Il settimanale "Monitor" fa notare che benché durante le trattative di privatizzazione del KAP sia stato condotto uno studio sulla protezione dell’ambiente, esso non è ancora accessibile al pubblico. La ONG – MANS (Mreza za afirmaciju nevladinog sektora – Rete per l’affermazione del settore non governativo) lo aveva chiesto al ministero per la Protezione ambientale, al ministero dell’Economia e al Consiglio per la privatizzazione, ma a quanto pare nessuno ha la giurisdizione su questo studio. Così non si sa con precisione quali fossero le condizioni del KAP quando è stato acquistato dalla compagnia russa.
Ad ogni modo il KAP è sempre stato la maggior fonte d’inquinamento ambientale del Montenegro. Sporadici incidenti ecologici si verificano sin dagli anni ’70 quando il KAP ha iniziato la produzione d’alluminio.
Il kombinat si era trovato al centro dell’attenzione anche nel marzo scorso, quando la direttrice del CETI, Ana Misurovic, aveva reso noti alcuni dati contenuti nello studio sull’impatto ambientale del KAP, mostrando che l’emissione di sostanze dannose è oltre i limiti prestabiliti.
Aleksandar Raznatovic, del GZP, basandosi su fonti non ufficiali, sostiene che attorno al KAP annualmente vengono depositate circa 13 mila tonnellate di rifiuti, e da quando il KAP ha iniziato la produzione dell’alluminio sono state depositate 300 mila tonnellate di rifiuti. Inoltre il KAP scarica oltre 25 milioni di litri delle acque reflue senza che vengano sottoposte ad alcun processo di depurazione prima della loro immissione nel fiume Moraca e nel lago di Scutari. Pare siano inesistenti anche i filtri per la depurazione dei gas che provocano l’inquinamento atmosferico.
Secondo il documento del CETI del 2004, firmato dalla direttrice Ana Misurovic, l’aria intorno al KAP è contaminata, il livello di sostanze tossiche negli alimenti che si coltivano sul terreno circostante il complesso industriale è 100 volte più alto del livello tollerabile e anche l’acqua contiene sostanze dannose.
Secondo il documento del CETI le materie tossiche possono provocare anche gravi malattie, ma tutto dipende dal livello di assorbimento delle sostanze dannose attraverso l’aria, l’acqua ed il cibo.
Subito dopo la pubblicazione dello studio del 2004, le famiglie che abitavano sui terreni vicino al KAP, nel paese di Botun, sono state trasferite a spese dello Stato. Tuttavia ci sono altre famiglie che abitano a Srpska, nel paese accanto, a soli 200m di distanza dal luogo in cui abitavano le famiglie trasferite.
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